Francavilla Angitola - Il Paese del Drago
Non si può, parlando del mio Paese, Francavilla Angitola, o di qualsiasi altro paese della Calabria, ma più generalmente del sud dell’Italia, dimenticarsi di affrontare il tema dell’emigrazione.
L’emigrazione,che fino a qualche tempo fa credevo che avesse riguardato nel tempo solo il sud, in realtà è stato un fenomeno molto più complesso che ha interessato tutta la nostra penisola. Nel periodo tra il 1901-13 gli emigranti dal nostro Paese sono stati 626.000 ed il rapporto tra la popolazione italiana nel 1913 è stato di 2.500 emigranti per ogni 100.000 abitanti che ha rappresentato circa un quarantesimo dell’intera popolazione.
Si sviluppa in quegli anni l'emigrazione dal meridione e dalle isole italiane , superando di molto i livelli dell'Italia settentrionale: 46% contro 41% dell'Italia settentrionale e 13% della centrale, su un totale di più di 8 milioni del periodo 1901-13. Ciò spiega anche l'assoluto prevalere, nel periodo, dell'emigrazione transoceanica sulla continentale (il 58,2% contro il 41,8%).
Percentuali sul totale degli abitanti dei vari Compartimenti negli anni 1901/13
Italia Settentrionale 41% - Italia Centrale 13% - Italia del Sud e Isole 46%
Gli emigrati dall'Italia meridionale, prevalentemente addetti all'agricoltura, costretti all'espatrio dalla povertà dei loro Paesi erano disposti ad accettare qualsiasi lavoro e anche a stabilirsi definitivamente all'estero, nelle terre d'oltremare; al contrario, l'emigrazione dall'Italia settentrionale, più altamente qualificata e, in genere temporanea, era per lo più assorbita da Paesi europei.
Tra i Paesi di destinazione dell'emigrazione continentale, la Svizzera passò al primo posto superando la Germania, l'Austria e la stessa Francia; nell'emigrazione verso Paesi d'oltremare si accentuò invece il primato degli Stati Uniti, dove si diressero, dal 1901 al 1913, oltre 3 milioni di italiani, contro i 951.000 dell'Argentina e i 393.000 del Brasile. Gli alti salari offerti al mercato nordamericano, la diminuzione delle terre libere nei Paesi dell'America Meridionale, la maggiore facilità e rapidità di guadagni, consentita dalla grande industria degli Stati Uniti, concorsero a dirottare il flusso dell'emigrazione dall'Italia.
Dopo questo sommovimento che ha svuotato le campagne e i paesi non è difficile trovare case vuote e abbandonate, porte sbarrate e fatiscenti.
Case che per tanto tempo hanno ospitato delle persone, uomini, donne, anziani e bambini, delle famiglie. Delle famiglie che dietro quelle porte coltivavano i loro sogni e le loro speranze (una casa più grande, un terreno da coltivare o un buon lavoro, la possibilità di mangiare tutti i giorni, un futuro migliore).
Anche oggi quelle porte chiuse rappresentano per milioni di emigrati una speranza, un collegamento con il loro paese, le loro tradizioni e le loro genti.
Quelle porte chiuse di case che, pur non avendo a volte un valore immobiliare, rappresentano ancora oggi per quegli emigrati un sogno, quello di ritornare al loro Paese; sogno che forse non si realizzerà mai perché le loro radici, i loro affetti sono ormai in quei paesi lontani dove molti anni fa hanno avuto il coraggio di trasferirsi e dove per molti anni hanno vissuto o continuano a vivere, quasi sempre con condizioni economiche e sociali nettamente superiori a quelle che hanno lasciato.
È in questi paesi che hanno operato e costruito le loro relazioni e i loro interessi, è in questi paesi che i loro figli hanno costruito il loro futuro.
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