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Il paese
del drago
Non si hanno elementi di conoscenza per
poter affermare per quale motivazioni è sopravvissuta a
Francavilla una leggenda come questa. Voglio riportare però
alcune leggende che in qualche modo tentano di dare una
spiegazione.
La prima è legata alla forma del Drago che viene rappresentato come
un serpente e dei serpenti San Foca è Protettore. La seconda
collega Ferdinando D'Aragona al Drago. Gli Aragonesi hanno
governato la Calabria. Una ipotesi potrebbe essere quella, ma
non ho elementi per dimostrarla, che la leggenda del Drago nasca
semplicemente dal fatto che qualche conquistatore lo aveva nel
simbolo del proprio casato.
L'Anticristo
Nella tradizione biblica il Drago assurge a simbolo eminente dello
scatenamento di forze oscure e telluriche ed è perciò associato
all'avvento dell'Anticristo,espressione del Male assoluto,
quinta essenza dell'oscurità e latore di morte e distruzione.
Nel libro di Giobbe (41, 1-46) il Drago è descritto come un
coccodrillo dalla cui bocca "partono vampate e sprizzano
scintille di fuoco", la sua pelle, simile ad una coltre di scudi
è talmente dura che nessuna arma può recarle nessun danno e
chiunque, in sua presenza cade in terra terrorizzato.
A questa descrizione fanno eco le parole di S. Giovanni che
nell'Apocalisse (12, 3-9) parla di un Drago rosso dalle sette
teste che, apparso improvvisamente nel cielo, ingaggiò una lotta
all'ultimo sangue con l'Arcangelo Michele, alla fine della quale
il mostro fu soggiogato e precipitato sulla terra insieme ai
suoi seguaci.
Anche Isaia (27, 1) fa riferimento tra
le forze della luce e quelle dell'oscurità. Dio risulterà
vincitore e con una spada punirà il Drago, descritto come un
serpente tortuoso e strisciante che risiede nelle profondità
marine. Qui come in altri luoghi della Bibbia l'acqua è
l'elemento che simboleggia per eccellenza l'instabilità e la
contingenza della vita; questo spiega la stretta relazione che
si realizza tra l'idea dell'abisso e quella del Caos di cui il
Drago, in quanto essere demoniaco è incarnazione somma.
La Vibria
Chi avesse la fortuna di visitare la Cattedrale di Barcellona, potrebbe
ammirare un magnifico bassorilievo scolpito sul portale
d'ingresso, che raffigura il Conte Goffredo nell'atto di
uccidere un gigantesco Drago. Le antiche cronache riferiscono
che all'epoca in cui la Spagna era governata da Ferdinando
d'Aragona e Isabella di Castiglia, quel mostro, chiamato Vibria,
viveva nel profondo di un antro roccioso situato nei pressi
della città di Terressa, in Catalogna.
Gli abitanti, stanchi delle sue continue escursioni notturne durante le quali bruciava
i raccolti, e depredava le greggi, offrirono una lauta
ricompensa a chiunque fosse riuscito ad uccidere la Vibria.
Molti si cimentarono nella difficile impresa, ma senza successo.
Alla fine il Re Ferdinando rivolse un appello al Conte Goffredo
di Pilos, un Cavaliere di provato coraggio che si era distinto
durante la Reconquista per aver affrontato ed ucciso migliaia di
Mori. Senza lasciarsi intimidire dalle voci che circolavano sul
conto del suo avversario, Goffredo, armato fino ai denti, si
diresse di buon passo verso la grotta in cui viveva il Drago.
Questo, esperto di arti magiche, aveva mutato le proprie
sembianze in quelle di un corvo nero, nel tentativo di celarsi
agli occhi di Goffredo il quale, tuttavia, non si fece trarre in
inganno e pronunciò a gran voce il nome del Drago che si rivelò
allora in tutta la sua mostruosa possanza. Senza perdersi
d'animo, Goffredo lo trafisse con la sua lancia ferendolo
mortalmente alla gola. Il Drago riuscì tuttavia a divincolarsi e
ad uscire dalla grotta, ma cadde lungo il fianco della montagna
schiantandosi sul fondo del burrone. Goffredo fece poi costruire
sul luogo dello scontro un monastero affinché Dio vigilasse su
di esso e nessun Drago potesse tornare a risiedere tra le rocce
in cui era vissuta la Vibria.
Sono evidenti, in questa leggenda
quattrocentesca, le assonanze tematiche con la vicenda di S.
Giorgio. La narrazione segue un canovaccio prefissato: il
difensore della Fede, che in questo caso è un Eroe della
Reconquista, affronta e sconfigge il diabolico Drago che è un'
evidente metafora dei nemici della Chiesa, siano essi gli
eretici o i miscredenti (non è un caso che, secondo una lezione
più arcaica della stessa leggenda, erano proprio i Mori a
nutrire il Drago, dandogli in pasto giovani fanciulle
cristiane). Il contenzioso tra l'eroe ed il mostro si conclude,
ovviamente con la vittoria della Fede che è sancita dalla
costruzione di un luogo di culto, atto questo che ha un'
evidente funzione esorcizzante. |
Al posto di questo Calvario una volta c'era una grotta che era fonte di alcune leggende. La prima la voleva come tana del drago.
La seconda come luogo in cui c'era una chioccia con i pulcini d'oro.
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