Altri giochi che noi ragazzi e ragazze facevamo erano quelli legati ad un particolare periodo dell'anno o a determinate feste.
A Natale per esempio si giocava con le nocciole (Castiejiu, Cupiejiu, u cilariejiu, La tombola), d'estate si andava a raccogliere l'origano che pur non essendo un gioco lo vivevamo come tale perchè con la sua vendita avevamo la possibilità di rimediare poche lire per comprarci qualcosa o per andare a vedere la televisione.
Tra questi giochi vanno sicuramente ricordati:
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U Cupiejiu
Questo gioco che facevano
prevalentemente le ragazze si svolgeva nel periodo natalizio
utilizzando delle nocciole e una buca (U cupiejiu).
Il gioco, dopo aver fatto la conta (U tuoccu ) per stabilire
chi doveva cominciare, consisteva nel lanciare dalla base
che si era deciso (u peda) verso la buca le nocciole che
tutte le giocatrici avevano messo in palio nel numero che si
era stabilito. Si continuava tentando di mandare una
nocciola per volta, tirata con il dito indice piegato,
nella buca,ogni nocciola nella buca era una nocciola
vinta. Se una giocatrice non riusciva a fare centro
continuava l'altra e così via fino alla fine delle
nocciole lanciate. Le ragazze tenevano le nocciole in
una calza che spesso nei momenti di "discussione" finiva
sulla testa dell'avversaria.
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U Castiejiu;
A differenza del gioco "U cupiejiu" questo era un gioco che, fatto sempre con le
nocciole, era praticamente rivolto solo ai ragazzi.
Consisteva, dopo aver costruito i castelli mettendo sopra
tre nocciole utilizzate come base una quarta, nel riuscire
a buttare giù più castelli attraverso una ulteriore
nocciola chiamata "a paja". Anche in questo gioco
si faceva la conta per stabilire chi doveva essere il primo
a tirare dalla base stabilita (u peda) e si
proseguiva poi a turno tra i diversi giocatori fino a che
tutti i "casteja " erano stati buttati giù.
Ovviamente le nocciole dei castelli tirati giù erano
vinte. Sopra la "paja" si concentravano le
attenzioni di tutti i ragazzi. Attenzioni che tendevano non
solo a sceglierne una molto grossa, ma anche di cercare di
renderla più pesante e più in grado di riuscire a vincere le
resistenze, per buttare giù più castelli possibili. Per fare
ciò si bucava con la punta di un coltellino la nocciola
prescelta dall’alto, e dopo averla svuotata dal frutto, si
fondeva del piombo in un vecchio cucchiaio e lo si
versava dentro.
Il tutto veniva chiuso con della cera e mascherato bene con
del fango. Anche in questo gioco si determinavano situazioni
in cui tutti volevano avere ragione, e tutti litigavano con
tutti, finchè qualcuno non diceva "varamuni" a quel
punto tutti cercavano di arraffare il maggior numero di nocciole.
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O_Ppà;
Questo gioco lo si faceva tra ragazzi
ed aveva lo scopo di ribaltare con il fiato delle piccole
cose: figurine, monete o oggetti simili; da qui appunto il
suo nome " O Ppà " che era il rumore che veniva riprodotto
dall'aria che passava attraverso le labbra. Anche in questo
gioco si faceva prima la conta per stabilire che doveva
iniziare e si proseguiva a turni fino a che non si
rigiravano tutti gli oggetti.
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U Volu;
Anche questo gioco era rivolto ai ragazzi ed aveva lo scopo
di ribaltare delle figurine o delle monete lanciandoli
in aria. Dopo aver fatto la conta per stabilire che doveva
iniziare si sistemavano le figurine o le monete sul dorso
della mano e si lanciavano in aria, tutte le figurine o le
monete che nel cadere si erano rigirate si consideravano
vinte. Si proseguiva a turno fino a che non si
rigiravano tutti gli oggetti.
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A Mazzica;
Questo gioco si svolgeva con l'ausilio di due oggetti di
legno, "a mazzica" e "u pizzicu ".
Questi due oggetti venivano autocostruiti utilizzando un
bastone più grande per la prima e un pezzettino di legno più
sottile e molto più corto per il secondo. Spesso per la
costruzione della mazzica si usava un pezzo di manico
di una vecchia scopa. U pizzicu era appuntito
alle sue estremità. Il gioco consisteva nel lanciare u
pizzicu con la mazzica il più lontano possibile.
Si dovevano eseguire tre lanci e mentre si tirava si
ripeteva " mazzica, pizzica e sazizzu".
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U Carru;
A Pendino il maestro della costruzione del carro era Michele
Ventrice. Era lui quello che più di ogni altro era capace di
produrre un carro che fosse veloce, in equilibrio, con il
manubrio e perfino dotato di freno. Per la sua costruzione
si utilizzava una bella tavola per la base, ad essa si
fissava l'asse posteriore su cui si infilavano dei
cuscinetti meccanici e infine con un bullone si fissava
sempre sulla tavola l'asse anteriore. Quest'ultimo si
fissava con il bullone per poter avere la possibilità di
farlo girare per avere il controllo sulla direzione. Su
quest'asse dopo aver deciso se mettere uno o due cuscinetti
si inchiodava una vecchia scarpa per usarla come freno e si
legava un pezzo di corda per poter azionare il manubrio. I
più coraggiosi a "pendinu " si lanciavano dalla
discesa che partendo e "supa o chianu" arriva davanti
alla chiesa della Madonna delle Grazie. Era come dire che
qualche "scorciatina" (escoriazione) bisognava pure
portarla a casa.