Mastru Enzu
Falegnami

Vincenzo De Caria

Francavilla Angitola è un paese in cui l’agricoltura ha sempre svolto un ruolo fondamentale per la sua economia tanto che negli  anni sessanta quasi tutti, uomini e donne, si recavano in campagna per lavorare la terra.
La condizione legata alla proprietà o al rapporto di lavoro non cambiava questo dato (proprietari, operai giornalieri o affittuari) .
Al paese restavano solo i vecchi, alcune donne e naturalmente i bambini e i ragazzi.

I bambini e i ragazzi,  per tutto il giorno se la scuola era chiusa o solo il pomeriggio, giocavano per strada sotto l’occhio vigile di quella famiglia allargata che era composta oltre che dai parenti anche da tutti i vicini.

Mio padre che ha sempre cercato in tutti i modi di darmi una occasione, una opportunità per evitare che anch’io, come diceva spesso,  fossi costretto ad andare a zappare, ha deciso di mandarmi ad imparare un mestiere presso uno dei tanti artigiani presenti a Francavilla Angitola.

Erano tanti infatti le botteghe artigiane presenti nel paese e tra queste ricordo la presenza del laboratorio di “Mastru Cicciu Bartucca “, raffinato sarto che gestiva la sua sartoria frequentata da tanti ragazzi apprendisti.
 
Ricordo  la presenza di due barbieri “Mastru Cicciu Sorrentinu”  che gestiva il salone con l’aiuto del figlio Vincenzo, e  Vicienzu Pungitore.
 C’era il laboratorio di “Mastru Geniu u forgiaru” che oltre a lavori in ferro si occupava anche della rete idrica del paese e per questo era anche definito “u funtanieri”.

Ricordo molti “mastri muraturi” tra cui Vicenzinu NiesiMicu Tofano, Micu Teti e i due fratelli Foca e Antonio Attisani, “Mastru Ginu Accetta” e due falegnami anch’essi con  “discipuli”  Mastru Alfredu e Mastru Enzu.

Tra gli artigiani meritano inoltre una menzione Mastru Antonio Ventrice che svolgeva l’attività di barbiere e di calzolaio, Mastru Rafieli che gestiva una piccola falegnameria e Mastru Tinu che gestiva un piccolo laboratorio di calzolaio.

Un ricordo a parte merita Totò Costa che aveva tanti discepoli e che svolgeva tante attività contemporaneamente. Era barbiere, sarto e commerciante gestendo quella che è stata la prima ferramenta del paese.

La scelta di mio padre era stata quella di verificare se c’era  disponibilità  dal suo amico “Mastru Enzu De Caria “ affinchè io potessi frequentare la sua falegnameria per cercare di imparare il mestiere.
Se nel caso non ci fossi riuscito, diceva mio padre, quantomeno “mi levavu e mienzu a strata”.
E’ cominciata così  la mia conoscenza con Mastru Enzu De Caria il falegname.

Era una persona molto onesta, comprensibile e ironica anche se non gli mancavano quegli scatti dettati dall’impazienza o generati come diceva lui, dall’incompetenza.

Oltre a me nella falegnaria c’erano altri due “discipuli” Vito Torchia e Foca Lombardo.

Il primo praticamente era già pronto per lavorare, infatti dopo poco tempo emigrò, il secondo era la vittima degli scherzi.

In quel periodo il falegname doveva saper fare tutto con il legno “guardarroba  e cumò, puorti e puorticieji, casci e casciuni, a rota do vrashieri, buffietti e majidi  e perfino i tambuti”.

Era quella la fase in cui a Francavilla Angitola si cominciava a portare l’acqua dentro le case e conseguentemente tutti provvedevano a mettere il bagno dentro casa.

Molti non avendo altri spazi dove poterlo collocare utilizzavano il sottoscala.

Era in queste occasioni che dimostrava la sua capacità di sapersi divertire e di saper stare bene con gli altri e di sapersi inserire in tutti i contesti.

Nel lavoro era molto pignolo e meticoloso, verificava cento volte se il compito che ti aveva affidato lo stavi facendo bene o se al contrario “arrunzavi” per sbrigarti.

Ricordo ancora oggi come era felice ogni qualvolta che le figlie chiamandolo dalla finestra di casa dopo essere tornate da Vibo Valentia dove frequentavano le scuole medie superiori gli comunicavano di aver ricevuto un buon voto.

Ricordo anche con altrettanta lucidità come restava male ogni qualvolta mi mandava a fare una ambasciata a quei clienti che passato tanto tempo non si facevano vedere per pagare il lavoro e la sua amarezza cresceva se per quelle persone aveva della stima o c’era tra di loro un rapporto di fiducia.

Non sono diventato ne un buon falegname, ne un falegname, per fortuna nella vita grazie ai sacrifici dei miei genitori e ai consigli di tanti ho avuto altre opportunità.

Da “Mastru Enzu” però ho appreso il valore dell’ironia, ho appreso che le cose bisogna farle bene e con passione, ho imparato che comunque conviene sempre misurarsi  e ad essere un po’ tignosi per poter raggiungere i propri obiettivi e quelle giornate o quei pomeriggi, a secondo il periodo e il calendario scolastico, chiuso dentro quella bottega mentre i miei amici giocavano, mi hanno insegnato che non c’è nessun obiettivo  che si può raggiungere senza sacrifici.

E' doveroso rivolgere un pensiero "a maistra, cummara Marianna" che, pur potendo disporre di noi apprendisti per le piccole commesse, sono state rare le volte che ha usufruito di questa sua prerogativa e quelle poche volte che lo ha fatto si è rivolta a noi sempre con grande garbo e con tanta timidezza.

Per la foto, tratta dal sito www.immac.it/SezBusseto/Immagini/Bussetani, si ringrazia Gianfranco Cammi per la sua gentilezza.

I Ferra do Falignami

 

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