Il terremoto del 1783
Ruderi - Francavilla Angitola

Foca Accetta

Consultando i protocolli dei notai di Francavilla Angitola (1) abbiamo avuto la fortuna di incontrare, oltre ai soliti istrumenti di compravendita, promesse matrimoniali, censuazioni, testamenti, la descrizione del terremoto del 1783 in Francavilla elaborata dal notaio Nicola Bruni (2).

 Frutto del desiderio di tramandare ai posteri «ad futuram rei memoriam» gli avvenimenti, le angosce di quei tragici momenti, essa è stata elaborata in momenti diversi, certamente tra l'ottobre 1783 («... si è fin oggi primo ottobre corrente anno 1783») e il 1784.

 Il buon notaio si riprometteva di fornirci ulteriori informazioni su questioni che in quel momento erano ancora allo stato embrionale («di quanto succederà appresso si darà notizia a Voi caro, e riflettevole Lettore mio») come la conclusione della disputa tra i cittadini di Francavilla sulla riedificazione del paese nell'antico sito o nell'approvato luogo detto Ziopà, ma per motivi a noi ignoti non ha mantenuto la promessa.

 L'unico «neo» del documento è la mancata descrizione, sia pure superficiale, del paese, delle chiese, dei conventi, di attività economiche e culturali, di opere d'arte, quadri, statue esistenti presso i luoghi religiosi o presso le famiglie più agiate. Il nostro, però, ci avverte che tralascerà «per la brevità del tempo la descrizione de luoghi».

 L'elaborato si sviluppa in tre direzioni. Nella prima parte è analizzata la società del tempo e si introducono con una bellissima metafora i segni premonitori del castigo divino «... che ogni Festa nobile porta prima di se la vigilia, e quelle feste che, in particolare sono nobili, soglionsi per tre sere antecedenti Farsino mediocri sparandi per darsi ad intendere alla popolaz(ion)e che Festeggia, che al doppo dimani corre la solennità di S. Foca Protettore, del SS. mo Rosario, di S. Vincenzo Ferreri o altro; cosi e non meno. Fece a Noi viventi il Sig.e Iddio, per mostrarci e farci capire la Solennissima Festa del gastigo Venturo, a sgrido delle nostre perfidie, ed iniquità ...».

Nella seconda parte è descritto, con estremo realismo, il terremoto dal 5 febbraio al 28 marzo. Infine nella terza parte sono descritti i provvedimenti presi dal Vicario Generale Francesco Pignatelli e la magnanimità di Ferdinando IV.

«Non tralascio di Far premoniti, e ricordevoli n(ostr)i Successori, o siano Posteri della dolorosa Traggedia dell'anno benedetto, anno del Sig.e 1783. O Anno di Scompiglio, o anno lacrimevole, e Luttuoso, Solam(ent)e grazie al Sig(nor)e per questa sola Prov(inci)a di Catanzaro, Sotto il titolo di Calabria Oltra» (3).

«Li veri Flaggelli, o caro lettore non Furono colla totale destruzzione, ma vi Furono alcuni luoghi di q(ue)sta Calabria riguardati, come Furono Catanzaro venne Solam(ent)e Ferito dal Flagello del Tremuoto nelle Sole poche cime di Palazzi, così Monteleone, in un Solo quartiere nomato la Terra Vecchia, cutrone non venne toccato affatto, cutro ebbe alcune Fiacche nell'alto de Mura, Nicastro dall'istesso modo, Tropea Ferma e Forte, dalla parte di dietro Marina vi sono ancora remasti molti Luoghi intatti da tal Flaggello, e tutto ciò per Relaz(ion)e e non di veduta mia solam(ent)e. Fu da me vista e raggirata tutta la città di Catanzaro dal dì 6 settembre corrent'anno 1783 sin li 13 di d(ett)o mese».

«Ma oltre lasciando per la brevità del tempo la descrizione de luoghi, e quanto per relazioni si e Fin oggi p(ri)mo ottobre corrent'anno 83 ricavato, impegnamoci dar lume a nostri posteri l'introduzzione della dolorosa e Luttuosa Traggedia, e minutam(ent)e ed al grosso parlare del che, del come, e del quanto, ma non però del quando, dipendendo quest'ultimo dalla divina, ed onnip(otent)e (Vo)lontà, sotto la quale (per quant'umanamente posso insinuarla) tutti cordialm(ent)e pien di viva Fede, e con doppio impegno dobbiamo Subordinarci, intendi dunque l'introduzzione, ed avverti, che ogni Festa nobile porta prima di se la vigilia, e quelle Feste che, in particolare sono nobili, se non han vigilia, Soglionsi per tre sere antecedenti Farsino mediocri Sparandi per darsi ad intendere alla Popolaz(ion)e che Festeggia, che al doppo dimani corre la Solennità di S. Foca Protettore, del SS.mo Rosario, di S. Vincenzo Ferreo o d'altro; così e non meno, Fece a Noi viventi il Sig.e Iddio, per mostrarci e Farci a capire la Solennissima Festa del gastigo Venturo, a sgrido delle nostre perfidie, ed iniquità, mentre Fin al Sommo colmi siamo delle iniquità, non vi è Robba propria che sia del Padrone, ed ogni uno di Noi, non come ladri (per lo Scorno) a rapirla, ma con strataggemmi; li negozianti di questi tempi molti usurari, ed alla libera senza timore veruno ne di Dio, ne di giustizia, querele a Vela Gonfia, li Giudici rapaci non curanti al dissimpegno del negozio ma molto appassionati all'interesse, li Facchini per la campagna, sassini di vettovagli, li Giovani scalpestrati, li maritati niente curando il Sacram(en)to Matrim(onia)le, non toccando il decoro ecclesiastico; mondo dunque di libertà, ma niente però pensasi dello Sparatorio leggiero delle Sere precedenti alla Festa, o della vigilia; ed ad istigazione di Predicatori, ed insinuazioni d'Astrologgi illuminati niente si pensa, anzi tutti questi discorsi da Pulpiti, da Catrade, d'Altari, e dalle lettere lontani son stimati da questa Gente ciarle, e dicerie, mentre Iddio non ci vuole morti, ma vivi, e che all'Inferno non ci manda perche grondò Sangue per salvar Noi; ad ogni uno si lusingava dalla Scaldata e Sacrilega Sua Confessione, ed al Tozzo del pane, o al tre calli d'elemosina, ed all'andare a venire in Chiesa, che tal viaggio serviva per meglio accalorare quello sguardo illecito, ravvivare quel fuoco sotto ceneri, ed altro, o scioc-chezza, e cecità di Tanti Farisei, e non si sente almeno una volta il dire, e l'insinuazzioni da savi, guai, guai, o Viggilia del Lutto non rimanete da questa Gente, caminiamo dunque che vedaremo, sentiremo, e toccaremo, cose insinuate, ma non da Noi immaginate, addio».

«P.mo Sparatorio: Giorno de venti Aprile 1782. Sormonta dall'alto del mare occidentale, e proprio dal alto monte d(ett)o Mongibello una valorosa Tempesta di Tuoni ed acque, che durò dal mezo giorno de' venti Sin tota nocte seguente, e questa fu pioggia che inondò, ed irripò il suolo per tutti li 10 8bre di d(ett)o anno, e così tutto l'està passo secco, e non si viddero più delle Salutifere pioggie, ma pur meno era, tal Segno di aridezza, se non vi era il di più: A 22 del d(ett)o Aprile Sormonta il cocchio il Gran Febbo, e con alta sua maestà dimostra di giorno, in giorno, un cuore sdegnato, contro la Terra, che vuole assolutam(ent)e dal mano ad incendiare non solo le creature ma pur al proprio mare, cosa impossibile, e da tal Segno indicante giudizio universale, si pensò da savi, prudenti parlarsi del Giud(izi)o universale, e particolare; ma come dissi di Sopra, questi son ciarle, questi son tempi naturali, l'està deve esser caldo, altrim(ent)i si chiama Inverno, e non està; si propongono per venirsi refligerio tra l'ultimi di Maggio, Giugno, e porzione di Luglio Processioni per la pioggia, orazioni communi in Chiesa, in particolare nella S. messa, ma il ciclo è di Bronso».

«Nel mese di agosto viene una lettera che si fusse incendiato un bosco, ed un paese nella Romagna si stimò diceria donnesca, venne una lettera d'un Astrologo Romano che si destruggerà il mondo, nullam fidem habemus.

Venne una lettera del Abbate Jacitano, la quale insinuava a tutti incendium magnum in parte orbis, ma da pochi si comprese, li incendium magnum; e spiegavasi che nell'83 succederanno cose che saran degne ascrivarsino nelli cronici, ma da noi quasi a nulla si pensava, e si è stimata invenz(ion)e astrologa, ed ogni uno diceva o Iddio, non palesò mai li suoi Arcani agl'Apostoli, ne alla B.V. Sua Madre, ed oggi viene l'Astrologo, incutere a noi timore, son dicerie, più oltre». «A nove Novembre la sera terminate l'ore ventiquattro, si parte un Turbine di venti dal mare n(ost)ro occidentale, e portava avanti un gran mormorio di più Venti insieme, che salivano luttanti fra di loro e cantando, e giocando giunsero nelle n(ost)re Riviere, e come che da Noi si stimavano burla l'antecedenti profezie, burla ancora quel vento che si urtava a Noi, ma ecco tutto al contrario: ad un momento si viddero smorzate quasi tutte le Candele de Paesi, il vento più gagliardo dentro le case, che Fuori, e le med(esim)e case additavano volersino cadere, e rovinarsino, tanto moto, e pendicolanza mostravano, e la Gente del di dentro manteneva le porte, e guardava l'ora, ed il punto quando venivasi a sepellire sotto le Pietre; et plus ultra. E non parleremo delle strepitose pioggie ed inondazioni. Passamo in seguito a scrivere, e dipingere l'accaduto dell'anno 1783, ma qui vi vorrebbe altro spirito, ch'el mio! Sono ignorante, sono di poco spirito, e sono stordito per li successi, ma dando picciolo Lume dell'accaduto, mi accingo, e con brieve discorso, intendo epilogare hic annus eversionis».

«O contentezza carnevalesca, si mangia, si beve, si banchetta e delle premesse non si tira veruna conseguenza, si bada soltanto al presente, e non al preterito, e Futuro? Appresso? Il piano dell'opra, si è fatto, appunto, appunto si darà principio all'opra Navale! Siamo giunti già all'apertura del Teatro. E vi figuro Caro Lettore, Foste mai convitato, attendere, a qualche comedia, o in publico, o in privato? E se pur foste, avete avvertito, che pria di comparire li personaggi sopra le Tavole del Teatro, loro stessi coi piedi, e mano, Fanno un rumore, così, ma non al pari, vi fu il gran rumore Mercoledì che si contavano cinque Febrajo: ma ecco come di Lutto si veste il giorno: si forma il cielo tutto Nuvoloso, e con dense nuvole scorrono dall'alto sin a Terra, e verso l'ore 19 del giorno sud(dett)o al quanto pluente si assaggia il p(ri)mo disgusto con un terribilissimo Terremoto, il quale per notizia destrusse tutta la piana di questa Calabria oltre, ed in questo nostro vicinato, dove dieci dove venti, edifici, la colla morte di migliaja di persone, qui con poche, ma tutta la provincia fu toccata; fu Terremoto questo che non cede leggierm(ent)e per tutto il resto di quel giorno, e tutta la notte, e per ogni quarto d'ora si facea a sentire; ma non colla vemenza del p(ri)mo, e così seguitò, e seguita; Venerdì sette all'ora ventuna, altro strepitoso maggior del p(ri)mo, meno case a terra, e non morti, ed ecco le notizie che la tale città, la tale Terra, il tale luogo si destrusse, in maniera che non si conosce vestiggio, ed ecco i cuori dell'uomini cominciati a conturbarsi maggiorm(ent)e, e li tremuoti presistono per ogni ora, il sole cambiante lume, la Luna di mutato aspetto, le Stelle, l'aria, le persone in somma: praesentem que viris, intentant omnia mortem».

«Amici mei, et Proximi mei adversus me appropinquaverunt, et steterunt. Vantasi, o Gente di Francavilla, e Gloriasi che da tanti accaduti Flaggelli non si toccato, però pensi che sei stato toccato ma non pensi de futuro, venire, venire il giorno vent'otto marzo, e verso l'ora una, e meza della sua sera, ti vedrai destrutta, e con quantità d'amici, e parenti mancanti. Ma prima di parlare di quella oscura sera di venerdì 28 Marzo, vi dirò il mottivo come moriro in questa Patria le persone già morte, al num(er)o di 52: queste (4) per l'ansietà di covare il Sirice, e far buoni Notricati dentro le case, lusingandosi che li tremuoti fusser ceduti, mentre s'intendono di leggiero, e che li vementi erano finiti, lusingandosi di ciò vollero andare a dormire nelle case, parte de morti, e parte per stavano angusti, standone più Casate dentro picciola Baracchella, questi due furono li mottivi della di loro repentina morte». «La Sera dunque verso Fora una, e meza vi fu l'ultimo Flaggello che non lasciò pietra, sopra altra pietra, ma tutte le divacuò e le redusse in piano, gran rumore, gran Spavento, grandissimo Cordoglio, dirotti pianti, quello Ferito quello, e quella morti, ed ogni parente, e pareti (sic) portavano li loro cadaveri in chiesa colle lucche, il Padre al Figlio la figlia la Madre il marito la moglie, e la moglie al marito; Fratelli, Sorelle, grandi e piccioli, chi oppressa delle mura gridava ajuto, confessione chi metà sotto le pietre, ed al quanto fuori chiamava. Parenti, amici, ajuto, ajuto, ma si parla di scuro, e pioggia, o pietà cristiana, e dove sei, la Gente stordita, insalanita, fuor di Senzi, la bocca piena di Polvere calcina, l'occhi asciutti, incenerito il viso, incadaveriti gli morti, più incadaveriti li viventi mortali: o Iddio, o misericordia, o infinito amore pietà delle Anime la morte sul capo, l'inferno nei piedi, il Purgatorio nel Cuore, pensate voi dunque caro lettore, il cuore di quei mortali, e pure io non ho penna tanto acuta, quanto bisogna per descrivere l'accaduto; ma mi rimetto a voi, ed alla buona riflessione di quei dolori, ed afflizioni interne della povera Cristianità, si quietano in fine di leggiero i tremuoti, ma corrono però or sensibili, or insensibili per più tempo ed anni, e stiamoci senza case, e con picciole Baracchelle, e Tuguri, ed inoltriamoci ad altro discorso».

«Parlando della Clemenza, ed amor Paterno del  n(ost)ro Sovrano, il gran Re invittissimo di Napoli Ferdinando IV, che Dio sempre Felici, e ce lo Faccia vivere invitto colla sua Nobil Prole, e ministero per omnia secula (sic), seculorum amen.

«Questo no(st)ro Sovrano in avere avuto l'infausta notizia doppo cinque giorni (5), dopo del primo Terremoto accaduto a 5 Febrajo anno citato 1783 oltre Tessersi turbato, risolvè in un punto, e spedì il Sig(no)r D. Fran(ces)co Pignatelli Maresciallo di campo de Principi di Strongoli e quello con viglietto, e colla Reggia autorità di Viceré, e Vicario G(enera)le delle due Calabrie, ed insiemem(ent)e con quantità di denaro, grano, farina, panefatto, vino, oglio, grasso, pasta, e tutto quanto bisognarebbe al buon vive per sollevare quei popoli remasti, ed ecco giorno de 19 Febraro giunge per terra nella città di Monteleone con quantità di somi carichi di grano, e Farina, e Biscotto, e pece per incendiare i cadaveri, quantità d'ufficiali militari per la distribuz(ion)e e scavo de Paesi per trovare delle robbe perdute, vennero quantità di dragoni, ed in seguito tutti li miliziotto di questa, e quella  Prov(inci)a con zappe, picconi, e Pali di ferro, o potenza, e magnanimo cuore di Regnante, viva, viva per sempre, per sempre viva».

«Posta dunque dal Sig(no)r Maresciallo (sic) in piano, e soccorsa tutta la Provincia, non solo per via delle persone comandate, ma ben anco Sua Ecc(ellenz)a si pose a caminare per dar maggior spirito alla Gente trapazzata, e per far esatta relaz(ion)e al Re della totale destruzzione. Fattosi da Sua Ecc(ellenz)a Maresciallo Pignatelli un tanto giro, si ritirò in monteleone, e da là a nome del Re, cominciò a mandare vigorosi, e salutiferi dispacci, tutti coll'alta Regum vices, et voces.

Conosciuto S. Ecc(ellenz)a che con tal occasione possono succedere de ladroniggi, mentre la Gente abandonò tutto il suo asse per evitar la morte, emanò Bando colla pena della Forca, a costoro che rubbano sopra il valore di carlini trenta, e quelli all'insorto cinque anni di Galea, quelli che coll'animali dannificano la Campagna la uccisione dell'animali, ed il danno pagarlo colli beni di loro Casa, e senza speranza di avere cojo, o carne». «Spedì molti cadetti per li paesi portandono grano, e Farina, e Somme di denaro, ed insiemem(ent)e il dispaccio per darsi il notam(en)to de morti, e li N(ota)ri(6) vivi far fede delle scede (sic) perdute, ed esistenti, per il buon commercio. In seg(ui)to altro cadetto per registrare, e far costruire i forni per la Panificazione, ed assegnare cerusici per la cura delle persone Ferite, e denaro a Parochi per li medicam(en)ti, e tutto a Sue spese, cioè della Corona Reale.

La somma di ducati cento cinquanta, e Farina tomoli ottanta assegnata e consegnata a questa Popolazione di Francavilla; il denaro si restituì per mano del G(overnato)re del Pizzo, la Farina si passò alla Popolaz(ion)e di Borgia non avendone avuto bisogno questa Popolaz(io)ne.

A 25 Marzo venne un cadetto per nome D. Tomaso Fabbiani Patrizio di R(eg)gio, il quale fece ordine subbito che si escavalcò del suo cavallo che i N(ota)ri facciano fede se son vivi, o morti, e perdita, ed esistenza di scede; ed insiemem(ent)e a D(otto)ri fisici (7) far fede de luoghi di buon Aere per la situaz(ion)e delle Baracche per la Popolaz(ion)e. Mattino de 26 a RR.PP. dei con(ven)ti, Tesorieri di congregaz(io)ni e Procur(ato)ri di cappelle e chiese (8) far fede delle loro rendite e loro esiti, colli libri delle messe, e monaci commoranti nelli loro Con(ven)ti; e pure esibire tutti l'argenterie, tanto per Vasi Sacri, che ad ornatum delle di loro rispettive chiese; quali esibiti li passò al peso, si fece fare da ogni uno di costoro una ricevuta legale, e coll'obbligo esibirli ad ogni ordine di S.M., Dio Guardi, e si è partito mattina de' 28 per altri luoghi. La sera occorse quel gran flaggello di totale destruzione».

Fra l'altre afflizioni insorge questo che trattasi per la situaz(ion)e alcuni vogliono il Ziopà per essere luogo lontano del suolo destrutto, e di buon'aria, e doppo il dibattim(en)to di più mesi si partirono alcune casate (9), e più cominciarono a chiamare Noi altri con ordini di Suprema autorità; però ne quelli del Ziopà, ne questi di qua del antico suolo han formato perfetta situaz(ion)e, solo però pochi che n'ebbero la sorta, nel Borgo di sopra, restarli gli bassi delle antiche loro case; onde nel fine di tal litiggio si potrà, chi vivarà, riferire l'esito per Futuram rei memoriam; solo però posso dire che per farsi là nel Ziopà, o farsi qua nell'antico suolo la situaz(ion)e si sono spese molte somme, così dall'una come dall'altra parte».

Quieto stando la Prov(inci)a, doppo tante affezioni de' Piaggelli, e doppo tanti disturbi per le situazioni di più Paesi, ne insorse altra pejor priori e si fu questa di cadere abboliti tutti li con(ven)ti d'ogni, e qualunque Religione, si diceva p(ri)ma sin da più mesi addietro che il Re volesse abbolire li con(ven)ti del Regno ma chi prestava fede chi no: ma ecco già sotto il dì 19 Maggio dell'anno corrente 1784: giunti nelli lidi della città del Pizzo, due Fregate, seù sciabbecchi Polacchi, carichi d'ufficiali militari, li quali si sono distribuiti Giovedì 20 maggio per tutta la Provincia a pigliarne il posesso de Con(ven)ti, e beni delti medesimi a Nome di Sua Maestà, vi chiamano i libri dell'introito, e dell'esito, delle chiese per le messe, ed altri giussi, ed espellono i Religiosi, con ord(in)e che fra due giorni vadano ad imbarcare per andare nelle provincie non distrutte, e solam(ent)e lasciano a' Religiosi, quanto tengono nelle loro stanze; e con altra dichiaraz(ion)e che partano i Sacerdoti, ma gli laici spogliarsino, ed andare nelle loro case fra il termin di giorni quindici, con portar seco ancora quanto tengono nelle loro camere, seu Baracche, e cosi fu eseguito da laici. Li Sacerdoti però cominciarono a priegare per la Secolarizzazione loro, acciò non partissero, e cosi si sono industriati per il Patrimonio, di quanto succederà appresso si darà notizia a Voi caro, e riflettevole Lettore mio».

«Col richiamo de libri, ed arredi, caddero compresi l'argenterie, tanto a Vasi Sacri, che ad ornatura delle chiese, come furono le croci, carte di Gloria, Sicchietti, Sponsili, e Baggie d'argento, e tutt'altro, sin le reliquie, seu casse delle Reliquie, e per Vasi Sacri sento dirvi calici, Spere, e Pisside, remasti però solo le Pisside nei Tabernacoli Parrocchiali tantum, mentre le Chiese Commentuali furono abbolite e da qui, cioè da questo, si tira, e detrae conseguenza, che quel ricevo, seu inventario di argenti fatto a 28 Marzo 1783 significava l'abbolizione, e futura soppressione de Con(ven)ti suddetti.

Giusta però fu, ed è stata la Reale disposizione, abbolire i Con(ven)ti, non parlando per odio verso i Religiosi, ma parlerò senza veruna Passione, e dico giusta, per Religiosus quot acquirit prò monastero acquirit, ed ogni cosa da Noi acquistata, dona a Noi il solo utile, ma non la proprietà, la proprietà è del Sovrano, fu S. la resoluz(ion)e a mottivo che li Superiori caminano illuminati, e pieni di Spirito, e vale a dire che forse abbia piaciuto alla divina Giustizia (lo che non puotesi dall'umanità interpretare). Però i Religiosi di questi tempi ad altro non pensano che pranzare con cinque, e sei piatti la mattina, e tre la sera, il denaro restante delle spese cibbarie nelle Borze de Superiori, poco pagavano a laici il vestuario solito, e non si legge Priore aver dato conto, ma due, e tre mesi prima, la deposizione del loro Ufficio si partivano, e portavano seco quanto poteano con due cavalli, e questo tutto da me veduto, e sperimentato, ed il loro Con(ven)to da Priore, a Priore con debiti, e Togli venduti sempre in erba per causa di denaro preso da Priori, e questo fu il Mottivo che la Reale disposiz(ion)e fu giusta, Santa, e perfettissima, e volendo il Re Soccorrere i Poveri Sudditi, come in questi tempi di Piaggelli soccorse, soccorre, e soccorrerà deve soccorrere colla stessa Robba de suoi Vassalli: mentre tutti li Con(ven)ti sono stati fabricati, e fondati con sudori di Secolari, e de' Monaci, mentre il monaco niente portò di casa sua, e si è fatto Monaco per far buona vita, e star sempre ardito, e giocolano, e con due pensieri in capo fissati, e finisco, riverendo il caro Lettore».

Note:

(1) I protocolli dei notai di Francavilla sono conservati presso la sezione dell'Archivio di Stato di Lamezia Terme.

(2) Sul notaio Nicola Bruni non siamo riusciti ad acquisire alcuna notizia, sappiamo solo che svolse l'attività di «Publico e Regio Notaro» a Francavilla dal 1778 al 1801.

3) Nel 1783 la Calabria fu colpita da un terribile terremoto, iniziò alle 12,45 del 5 febbraio e continuò fino a tutto il mese di marzo. I paesi distrutti furono 190; 91 in parte distrutti; 50 in parte lesionati; 3 rimasero illesi. Il numero delle vittime causate dal sisma e dall'epidemie scoppiate nell'estate 1783, furono, secondo il Baratta, 49.025. Ferdinando IV appresa la notizia inviò in Calabria il Maresciallo Francesco Pignatelli, in qualità di Vicario Generale, per provvedere alla «grave sventura toccata a quelle floride province divenute in parte un mucchio di rovine». Il Pignatelli, il 5 maggio 1783, propose al re la soppressione di tutti i luoghi pii e degli ordini religiosi esistenti in Calabria e di destinare le loro rendite alla ricostruzione dei centri sinistrati. Venne, quindi, istituita con real decreto del 4 giugno 1784, la Cassa Sacra con il compito di requisire tutti i beni degli enti religiosi, di raccoglierne le rendite e di «convertirle in sollievo di tanti miserabili venuti a stato dell'ultima desolazione». Quest'ultimo buon proposito non venne mai mantenuto. Mons. Giovanni Andrea Serrao, Vescovo di Potenza, in una lettera, datata Filadelfia 19 agosto 1784, indirizzata al suo Vicario Andrea Corbo, scrive: «Tante povere famiglie di civili e di contadini miseramente languiscono nelle campagne per l'impotenza di formarsi una qualunque sia baracca da ricoverarsi e di giorno in giorno periscono miseramente per mancanza di soccorsi. E frattanto questi militari sordi inesorabili alle universali querele e pianti, dicono che son qui venuti per raccoglier denaro e non per dar soccorso a niuno. Si fanno da tutta la provincia ricorsi e suppliche al re e finora non si vede provvidenza niuna. Credimi che non esagero; il terremoto morale di gran lunga è più luttuoso del terremoto fisico». Cfr.: E. CHIOSI, Andrea Serrao, Napoli 1981, p. 399. Il vampirismo dei funzionari della Cassa Sacra del distretto di Francavilla venne, nel 1785, denunciato da Rosario Sgalera con una querela contro Michele Vitale, Depositario della Cassa Sacra, indirizzata al vicario generale Pignatelli. Lo Sgalera, a sostegno della validità delle sue asserzioni, indicò, nella denuncia, alcune operazioni del Vitale consistenti in abuso di potere. Il Vitale fu costretto a dimettersi e a rimborsare «molte somme di denaro» alla Cassa Sacra; nella carica venne sostituito da Tommaso Serrao di Filadelfia. Cfr.: ASC, SP., Cart. 39, Fasc. 828.

(4) Secondo il Vivenzio le vittime del terremoto a Francavilla furono 44, i danni furono calcolati in 150 mila ducati. Cfr.: G. VIVENZIO, Istoria e teoria dei tremuoti, Napoli 1788.

(5) Del disastro del 5 febbraio giunse notizia a Napoli il 14 successivo e venne portata dalla fregata «S. Dorotea» proveniente da Messina.

(6) Nel 1783, contemporaneamente al Bruni, operavano i seguenti notai: Rondinelli Antonio (1749-1784); Costa Foca (1765-1801): Pizzonia Gregorio (1768-1805). Svolsero, inóltre, l'attività di notaio: De Costa Giuseppe (1592-1621); Costa Giuseppe (1655-1674); Costa David (1690-1732); Bonelli Giuseppe (1721-1756); Bilotta Jacopo (1752); Spezano Antonio (1756-1764); Cauzzi Antonio (1758-1773); Bruni Giuseppe di Nicola (1796-1834); Palmarelli Giovan Francesco (1833-1847); Accetta Francesco. Di quest'ultimo non c'è pervenuto alcun instrumento, il suo nome l'abbiamo ricavato dal registro dei morti della chiesa di S.M. delle Grazie atto del 17 novembre 1800.

(7) Nel 1783 vivevano ed operavano a Francavilla sei dottori fisici: Caria Nicola, Parisi Nicola, Aracri Foca, Bonelli Francesco Antonio, Giampà Michelangelo, Quaranta Giuseppe. Essi il 25 marzo 1783 furono concordi nell'indicare la pianura dello Ziopà luogo salubre ed idoneo alla riedificazione della «Nuova Francavilla». Subentrando, però, gli interessi di parte a quelli collettivi furono di opinione contarla. Infatti l'il settembre 1788 i dottori fisici Nicola Caria e Giuseppe Quaranta dichiararono che la salubrità dello Ziopà è compromessa dalla vicinanza del fiume Angitola dal quale si eleva un'aria «carica e pregna di esalazioni putride e settici e micidiali all'umana salute». Il dottore fisico Nicola Parisi rimase fedele fino in fondo a quanto aveva dichiarato al Fabiani; scrisse una relazione in favore dello Ziopà. «Atti relativi alla riedificazione del paese di Francavilla», ASC, SP. Cari. 50, Fase. 1103.

(8) Nel 1783 vi erano a Francavilla tre conventi: S. Maria della Croce dei PP. Agostiniani fondato nel 1521 Cfr: F. RUSSO, Storia della chiesa in Calabria, vol. 2, Soveria M., 1982, p. 616; altri autori indicano l'anno 1502 cfr; G. SERRAO, Castelmonardo e Filadelfìa nella loro storia, Filadelfia, 1983, p. 66; S. Maria dell'Annunziata dei PP. Domenicani fondato nel 1545; S. Francesco dei PP. Riformati fondato nel 1621. Due chiese Parrocchiali: S. Foca Martire e S. Maria delle Grazie, istituita quest'ultima dal vescovo di Mileto Mons. Giuseppe Maria Carafa il 10 marzo 1763. Cinque chiese filiali: S. Pietro Apostolo, S. Nicola, S. Giovanni Battista, S. Sofia, S. Maria degli Angeli, La Congrega del SS. Rosario e le seguenti cappelle:

Cappella dell'Immacolata, ius patronato della famiglia Ruffo;

Cappella di S. Anna fondata dal Rev. Niccolo Mannacio il 24/9/1703;

Cappella di S. Maria di Loreto ius patronato della famiglia Mannacio;

Cappella di S. Giuseppe, ius patronato della famiglia Brizzi;

Cappella del Carmine, fondata da Girolamo Fiore nel 1606;

Cappella di S. Domenica, ius patronato della famiglia Cantaffi;

Cappella di S. Michele Arcangelo, fondata dal Rev. Rosario Parisi;

Cappella di S. Carlo Borromeo, fondata da Anna Maria Borgese nel 1694;

Cappella di S. Antonio, ius patronato della famiglia Bongiovanni;

Cappella del SS. Sacramento; Cappella dei Beati Morti.

(9) Da una dichiarazione sottoscritta dall'arciprete D. Guglielmo Maria Caraffa e dal rev. D. Bruno Aracri, datata Ziopà 10 settembre 1788, risulta che «in tempo degli ordini di traslazione in q(uest)o luogo di Ziopà si conferirono trecento trenta anime; delli quali qui stesso ne morirono sessantacinque». La popolazione di Francavilla nel 1783 era di 2081 abitanti. Cfr.: «Atti relativi ...» cit.

Tratto da: Il terremoto del 1783 a Francavilla Angitola descritto dal notaio Nicola Bruni di Foca Accetta Tipografia Mapograf s.r.l Vibo Valentia 1987.

Ruderi di francavilla

 

Lo Ziopà

 

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