Francavilla Angitola - Il Paese del Drago
Così come per tante altre nostre usanze e tradizioni anche per quelle legate al fidanzamento prima e al matrimonio poi sono cambiate molte cose.
Alcuni di questi cambiamenti hanno permesso ai giovani di godere di maggiore libertà e di avere l’opportunità di potersi conoscere meglio facendo conseguentemente una scelta più consapevole e convinta. Altre novità hanno contribuito a dare a questo evento un risvolto consumistico e di rendere i rapporti interpersonali sempre più distaccati e più formali.
Certo oggi non si organizzano più matrimoni per figli ancora in fasce o matrimoni "dubbri " (l’uno sposava la sorella dell’altro e viceversa) o, in linea di principio, matrimoni che tengano conto delle fasce sociali di appartenenza e non c’è più bisogno di mandare a casa della futura sposa "l’ambasciata " per verificare se si è accettati.
Guardando indietro non è rimasto molto di quel mondo e di quelle usanze.
I momenti che allora avevano i giovani per potersi non dico conoscere ma semplicemente vedere erano veramente pochi e per lo più erano legati alla Messa della domenica, alle processioni che si svolgevano durante le diverse feste (Pasqua, San Foca, La Madonna delle Grazie), ai matrimoni dei parenti o durante i lavori nei campi, le ragazze non passeggiavano per le vie del paese e al Drago. Non si avevano a disposizione momenti in cui ci si poteva appartare e poter chiacchierare, tutto era sotto il controllo della famiglia allargata e della "gente" del Paese.
In questo clima difficile, quando due ragazzi si piacevano, prima il ragazzo doveva avere il consenso della propria famiglia e dopo, attraverso "l’ambasciata" che portava una persona di fiducia, quello della famiglia di lei. Se la risposta che si riceveva era positiva allora si decideva la data in cui i familiari di lui si recavano a casa di lei per ufficializzare il fidanzamento.
Questa era anche l’occasione in cui i fidanzati si scambiavano l’ oro, tra cui naturalmente la fedina, e nello stesso tempo era anche l’occasione in cui i genitori di lei quantificavano la dote della futura sposa.
La dote, che consisteva in impegni di carattere economico e patrimoniale, nonché di beni di consumo necessari per arredare e rendere abitabile la casa dei futuri sposi era tanto più cospicua quanto più era ricca la famiglia o, come dicevano i più maligni, quanto più era brutta la fidanzata. Infine in quella occasione si decideva dopo quanto tempo i fidanzati si dovevano sposare.
Il fidanzato poteva finalmente frequentare la casa della ragazza, anche se, solo quando c’erano i genitori. Se i fidanzati uscivano di casa per fare visita ai parenti o per andare a Messa o per qualsiasi altra evenienza allora un fratellino o una sorellina di lei li seguiva e si assicurava che non restassero soli un momento.
In queste condizioni si aspettava il giorno del matrimonio.
Spesso il fidanzato era costretto ad emigrare e le lettere, non avendo la possibilità economica di usare il telefono, erano l’unico legame che consentiva di comunicare e che accomunava i futuri sposi.
Tra il fidanzamento e il matrimonio la prima promessa era vista come una tappa intermedia importante perché veniva vissuta non come un momento di carattere amministrativo ma come un primo impegnativo passo verso il matrimonio, non a caso ai futuri sposi e alle loro famiglie si facevano gli auguri e questi offrivano dolci e liquori.
Avvicinandosi alla data che orientativamente si era concordata nell’occasione del fidanzamento si decideva il giorno del matrimonio e si dava avvio ai preparativi. Si provvedeva a prenotare la chiesa, a completare il corredo, a fare la lista degli invitati, a ordinare i dolci e, in alcuni casi, a fare perfino i liquori in casa.
Una settimana prima si svolgeva la cerimonia "da cunsigna" che consisteva nel portare a casa dei futuri sposi il corredo.
Questo veniva trasportato per il paese dalle donne sulla testa in modo tale che tutti potessero vederlo. Arrivati a casa si esponeva e si mostravano le lenzuola, le coperte, i servizi di piatti e di bicchieri, i baganieji, i tripoda e quant’altro era stato promesso, verificando inoltre se il corredo come si diceva allora fosse un corredo di sei, di dodici o di ventiquattro (sei lenzuola, sei coperte o dodici lenzuola ecc. ecc.).
Tra la dote non poteva certo mancare u saccuni che, riempito di foglie di granturco "vruocci" o di paglia, diventava il materasso per i letto. Alla preparazione e alla costituzione del corredo provvedeva tutta la famiglia della sposa fin dalla sua nascita e spesso in questo impegno venivano orientati tutti gli sforzi e i sacrifici di una famiglia, così come quasi sempre a ricamare le lenzuola, i cuscini o le tovaglie erano state direttamente le promesse spose.
Gli uomini, non essendoci ancora le partecipazioni, la sera al ritorno dal lavoro si facevano il giro del paese, casa per casa, per invitare i parenti e gli amici al matrimonio: "si puozzu avire l’onore dominica prossima si spusa fijjama".
Assolti gli impegni assunti da entrambe le parti e rispettati le tradizioni del paese (l’uomo compra l’abito alla sposa, la famiglia della sposa compra la camicia allo sposo, ecc. ecc.) si è finalmente pronti per il tanto atteso giorno.
A differenza di oggi lo sposo con i propri genitori non aspettavano la sposa in chiesa ma, accompagnato dai suoi parenti ed amici, passava dalla casa della sposa con la quale, generalmente sottobraccio al padre, si dirigeva a piedi per le vie del paese in chiesa con tutti gli invitati.
Durante il percorso le vicine e le amiche lanciavano in segno di augurio dei petali di fiori, mentre i parenti lanciavano dei confetti con in mezzo delle monete. Noi ragazzini ci tuffavamo per tentare di prendere i confetti e i soldi e spesso si finiva in mezzo alle gambe delle persone rischiando di farli cadere.
Finita la cerimonia religiosa e fatte le foto il ricevimento si svolgeva presso la casa dei novelli sposi. Per questo si allestiva un tavolo dietro il quale si sistemavano gli sposi che ricevevano gli auguri da parte degli invitati.
Sul tavolo erano sistemati alcuni vassoi che contenevano dei dolci ed altri che contenevano bicchierini di liquore oltre ad un contenitore per accogliere le buste da parte degli invitati. Le buste contenevano un regalo in denaro. Questo regalo era commisurato oltre che alle capacità economiche dei singoli invitati anche a quelli che erano gli impegni derivanti da precedenti regali da questi ultimi ricevuti in analoghe situazioni o dal livello di parentela o di amicizia. Sempre a casa degli sposi si preparava per i parenti più stretti il pranzo e la cena.
Per gli invitati uomini spesso in un locale attiguo a quello del ricevimento si distribuiva del vino. Nei giorni successivi il matrimonio gli amici e i parenti andavano a trovare gli sposi portando loro in regalo zucchero, caffé, liquori ed altro e ricevevano in cambio, legati dentro "u sarviettu", dei dolci. Quest’ultima usanza per effetto del passaggio da un’economia contadina ad una economia industriale, che ha significato l’emigrazione di molte giovani coppie per via del lavoro, veniva anticipata a prima del matrimonio.
Di queste tradizioni ormai non resta praticamente più niente, il matrimonio è diventato una delle occasioni in cui lo sperpero e lo spreco la fanno da padroni e tutto avviene attraverso una meticolosa programmazione e pianificazione che, partendo dai fiori alle bomboniere, dall’abito all’acconciatura, passando alla definizione del menù, fa invidia solo ad un lancio missilistico nello spazio. Si ha l’impressione che si pensi che più si spende e più si sarà felici.
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