Francavilla Angitola - Il Paese del Drago
La Pacchiana rappresentava la donna del paese con i vestiti tipici tradizionali. Abbigliamento oggi in disuso, composto da diversi capi molto colorati.
I colori, la lavorazione e la finezza che caratterizzavano questo abbigliamento rappresentavano la carta di identità di chi lo indossava.
Una carta di identità che faceva capire lo stato sociale oltre che lo stato civile.
Questo abbigliamento era prevalentemente indossato dalle donne appartenenti ai ceti più popolari e a quello che oggi chiamiamo il ceto medio. Le donne della nascente borghesia, nonchè quelle appartenenti all'aristocrazia, vestivano secondo i canoni della moda del regno di Napoli.
Così come quasi tutte le donne di Francavilla Angitola anche mia madre ha indossato questo costume per moltissimi anni. Costume che purtroppo solo in poche potevano indossare con i suoi colori sgargianti tipici perchè quella generazione di donne, che ho conosciuto durante la mia infanzia e adoloscenza, è vissuta tra le due grandi guerre mondiali.
In quasi tutte le case c'era stato un lutto. Il che ha significato, così come voleva la tradizione, oltre che il dolore, indossare vestiti neri per sempre. Alcune di loro non hanno mai avuto, o per piacere o per vezzo, la possibilità di indossare un capo di colore diverso dal nero. Dai piedi fino alla testa, si anche sulla testa si portava "u maccaturi" nero.
Era un abbigliamento poco pratico e costoso. Poco pratico perchè rendeva la donna impacciata e non libera nei suoi movimenti e costoso perchè composto da molti capi.
Per fare "a gunneja" dovendola plessare servivano ben 16 metri di stoffa di lanettina o di cotone!
Quando si indossava l’abbigliamento della pacchiana era anche il segnale che si entrava a far parte a pieno titolo del mondo degli “adulti”, ossia si era pronte ad essere promesse per un futuro matrimonio, e ciò avveniva tra il 13mo e il 15mo anno di età quando si passava dall'età pre a quella post adolescenziale.
“A gunneja” , “ u pannu”, “a faddaleja”, “a camicetta” , “a cammisa janca longa” e
"u iuppuni" erano i capi più importanti di quell’abbigliamento.
A gunneja veniva rigirata dietro per formare “ a cuda”, era forse il capo che più di ogni altro dava un senso di pomposità a tutto l’abbigliamento.
U pannu che si indossava lasciando vedere in basso una parte “da cammisa janca longa”. Il suo colore che non era casuale aveva un significato preciso. Il panno rosso indicava che chi lo indossava era una donna sposata, quello di colore marrone che era nubile e nero che era vedova.
A faddaleja che si indossava davanti, sopra a gunneja.
A cammisa janca longa era di tela e che possiamo paragonare all’attuale sottana.
A camicetta che copriva il busto.
U iuppuni era una sorta di reggiseno.
Oggi è difficile se non impossibile incontrare donne vestite da Pacchiana.
Tale opportunità si ha solo durante manifestazioni folkloristiche orientate al recupero degli usi, dei costumi e al dialetto, o incontrando in realtà periferiche della nostra regione Calabria donne molto anziane che continuano a indossare qualche capo di quelli previsti dal costume della pacchiana.
La foto presente nel testo mi è stata gentilmente fornita da Franco Giugno Torchia mentre quelle a lato da Pino Pungitore-Ch. Grazie ad entrambi
© Francavilla Angitola - Storia Ricordi Cultura Religione